Il filosofo di campagna, libretto, Mosca, Università Imperiale, 1774

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino.
 
 LENA con un ramo di gelsomini, LESBINA con una rosa in mano
 
 LENA
 
    Candidetto gelsomino
 che sei vago in sul mattino,
 perderai, vicina a sera,
 la primiera tua beltà.
 
 LESBINA
 
5   Vaga rosa, onor de' fiori,
 fresca piaci ed innamori
 ma vicino è il tuo flagello
 e il tuo bello sparirà.
 
 A DUE
 
    Tal di donna la bellezza
10più ch'è fresca, più s'apprezza,
 s'abbandona allorché perde
 il bel verde dell'età.
 
 LENA
 Basta, basta, non più.
 Che codesta canzon, Lesbina mia,
15troppo mi desta in sen malinconia.
 LESBINA
 Anzi cantarla spesso,
 patrona, io vi consiglio,
 per sfugir della rosa il rio periglio.
 LENA
 Ah! Che sotto d'un padre
20asprissimo e severo
 far buon uso non spero
 di questa età che della donna è il fiore;
 troppo, troppo nemico ho il genitore.
 LESBINA
 Pur delle vostre nozze
25lo intesi ragionar.
 LENA
                                   Nozze infelici!
 sarebbero al cuor mio le divisate
 dall'avarizia sua. Dell'uomo vile,
 che Nardo ha nome, ei mi vorria consorte.
 L'abborisco e mi scelgo anzi la morte.
 LESBINA
30Non così parlereste,
 s'ei proponesse al vostro cor Rinaldo.
 LENA
 Lesbina... Oimè...
 LESBINA
                                   V'ho fatto venir caldo?
 Vi compatisco; un cavalier gentile,
 in tutto a voi simile,
35nell'età, nel costume e nell'amore,
 far potrebbe felice il vostro cuore.
 LENA
 Ma il genitor mi nega...
 LESBINA
 Meglio sola che male accompagnata.
 Così volete dir; sì sì, v'intendo.
 LENA
40Dunque da te qualche soccorso attendo.
 
    Se perde il caro lido
 sopporta il mar che freme.
 Lo scoglio è quel che teme
 il misero nochier.
 
 SCENA II
 
 LESBINA, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
45Povera padroncina!
 Affé la compatisco.
 Quest'anch'io la capisco.
 Insegna la prudenza,
 se non si ha quel che piace, è meglio senza.
 DON TRITEMIO
50Che si fa, signorina?
 LESBINA
 Un po' d'insalatina
 raccogliere volea per desinare.
 DON TRITEMIO
 Poco fa v'ho sentito a cantuzzare.
 LESBINA
 È ver, colla padrona
55mi divertiva un poco.
 DON TRITEMIO
                                          E mi figuro
 che cantate s'avranno
 canzonette d'amor.
 LESBINA
                                      Oh non signore;
 di questo o di quel fiore,
 di questo o di quel frutto
60si cantavan le lodi.
 DON TRITEMIO
                                     Il crederò?
 LESBINA
 Le volete sentir?
 DON TRITEMIO
                                 Le sentirò.
 LESBINA
 Qualche stroffetta canterò a proposito. (Da sé)
 DON TRITEMIO
 (Oh ragazza!... Farei uno sproposito). (Da sé)
 LESBINA
 Sentite, patron bello,
65la canzonetta sopra il ravanello.
 
    Quando son giovine,
 son fresco e bello,
 son tenerello,
 di buon sapor.
 
70   Ma quando invecchio
 gettato sono;
 non son più buono
 col pizzicor.
 
 DON TRITEMIO
 Scaccia questa canzon dalla memoria.
 LESBINA
75Una ne vuo' cantar sulla cicoria.
 
    Son fresca e son bella
 cicoria novella.
 Mangiatemi presto.
 Coglietemi su.
 
80   Se resto nel prato,
 radichio invecchiato,
 nessuno si degna
 raccogliermi più.
 
 DON TRITEMIO
 Senti ragazza mia,
85questa canzone ha un poco d'allegria.
 Tu sei, Lesbina bella,
 cicorietta novella;
 prima che ad invecchiar ti vedi il fato,
 esser colta dovresti in mezzo al prato.
 LESBINA
90Per me v'è tempo ancora.
 Dovreste alla signora
 pensar, caro padrone
 or ch'è buona stagione;
 or ch'è un frutto maturo e saporito,
95non la fate invecchiar senza marito.
 DON TRITEMIO
 A lei ho già pensato;
 sposo le ho destinato e avrallo presto.
 LESBINA
 Posso saper chi sia?
 DON TRITEMIO
                                       Nardo è cotesto.
 LESBINA
 Di quella tenerina
100erbetta cittadina
 la bocca d'un villan non mi par degna.
 DON TRITEMIO
 Eh! La prudenza insegna
 che ogn'erba si contenti
 d'aver qualche governo,
105purch'esposta non resti al crudo inverno.
 LESBINA
 Io mi contenterei,
 pria di vederla così mal troncata,
 per la neve lasciar la mia insalata.
 DON TRITEMIO
 Tu sei un bocconcino
110per il tuo padroncino.
 LESBINA
                                          Oh oh sentite
 un'altra canzonetta ch'ho imparata
 sul proposito mio dell'insalata.
 
    Non raccoglie le mie foglie
 vecchia mano di pastor.
 
115   Voglio un bello pastorello;
 o vuo' star nel prato ancor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO e poi RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 Allegoricamente
 m'ha detto che con lei non farò niente.
 Eppure io mi lusingo
120che a forza di finezze
 tutto supererò,
 che col tempo con lei tutto farò.
 Per or d'Eugenia mia
 liberarmi mi preme. Un buon partito
125Nardo per lei sarà, ricco, riccone,
 un villan, egli è ver, ma sapientone.
 RINALDO
 Ecco della mia bella
 il genitor felice. (Da sé in disparte)
 DON TRITEMIO
 Per la villa si dice
130che Nardo ha un buono stato
 e da tutti filosofo è chiamato. (Da sé)
 RINALDO
 (Sorte, non mi tradir). Signor.
 DON TRITEMIO
                                                          Padrone.
 RINALDO
 S'ella mi permettesse,
 le direi due parole.
 DON TRITEMIO
135Anche quattro ne ascolto e più, se vuole.
 RINALDO
 Non so se mi conosca.
 DON TRITEMIO
                                          Non mi pare.
 RINALDO
 Di me si può informare.
 Son cavaliere e sono i beni miei
 vicini ai suoi.
 DON TRITEMIO
                            Mi rallegro con lei.
 RINALDO
140Ell'ha una figlia.
 DON TRITEMIO
                                 Sì signor.
 RINALDO
                                                     Dirò...
 Se fossi degno. Troppo ardire è questo.
 Ma! Mi sprona l'amore...
 DON TRITEMIO
                                                Intendo il resto.
 RINALDO
 Dunque, signor...
 DON TRITEMIO
                                   Dunque, signor mio caro,
 per venir alle corte io vi dirò...
 RINALDO
145M'accordate la figlia?
 DON TRITEMIO
                                          Signor no.
 RINALDO
 Ahi mi sento morir!
 DON TRITEMIO
                                        Per cortesia,
 non venite a morir in casa mia.
 RINALDO
 Ma perché sì aspramente
 mi togliete alla prima ogni speranza?
 DON TRITEMIO
150Lusingarvi sarebbe una increanza.
 RINALDO
 Son cavaliere.
 DON TRITEMIO
                             Benissimo.
 RINALDO
                                                    De' beni
 ricco son quanto voi.
 DON TRITEMIO
                                        Son persuaso.
 RINALDO
 Il mio stato, i miei fondi,
 le parentele mie vi mostrerò.
 DON TRITEMIO
155Credo tutto.
 RINALDO
                         Che speri?
 DON TRITEMIO
                                               Signor no.
 RINALDO
 Ma la ragione almeno
 dite perché né men si vuol ch'io speri.
 DON TRITEMIO
 La ragion?...
 RINALDO
                          Vuo' saper...
 DON TRITEMIO
                                                   Sì, volentieri.
 
    La mia ragion è questa...
160Mi par ragione onesta.
 La figlia mi chiedeste
 e la ragion voleste.
 La mia ragion sta qui.
 Non posso dir di sì,
165perché vuo' dir di no.
 
    Se non vi basta ancora,
 un'altra ne dirò;
 rispondo: «Signor no,
 perché la vuo' così»
170e son padron di dirlo;
 la mia ragion sta qui. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO e DON TRITEMIO
 
 RINALDO
 Sciocca ragione indegna
 d'anima vil dell'onestà nemica.
 Ma non vuo' che si dica
175ch'io soffra un tale insulto,
 ch'io debb'andar villanamente inulto.
 O Eugenia sarà mia
 o tu, padre inumano,
 ti pentirai del tuo costume insano.
 
180   Odio, furore, dispetto,
 dolor, rimorso e sdegno
 vengon nel punto estremo
 tutti a squarciarmi il petto.
 Ardo, deliro e fremo
185ho cento smanie al cor.
 
 SCENA V
 
 Campagna con casa rustica.
 
 NARDO esce di casa con una vanga accompagnato d’alcuni villani
 
 NARDO
 
    Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna.
 Con diletto e libertà.
 
    Oh che pane delicato,
190se da noi fu coltivato.
 Presto, presto a lavorare,
 ad arrare, a seminare,
 e dappoi si mangerà;
 del buon vin si beverà
195ed allegri si starà. (Partono i contadini, restandone un impiegato)
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno.
 Tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
200l'avolo ed il bisavolo ed il tritavolo
 e fur sudditi lor la zucca, il cavolo.
 Nelle città famose
 ogni generazion si cambia stato.
 Se il padre ha accumulato
205con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio.
 Qui, dove non ci tiene
 il lusso, l'ambizion, la gola oppressi,
 sono gl'uomini ognor sempre gl'istessi.
210Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e dei teatri
 zappe, trebbie, rastrei, vanghe ed aratri.
 
 SCENA VI
 
 LENA ed il sudetto
 
 LENA
 Eccolo qui; la vanga
 è tutto il suo diletto. (Da sé)
215Se foste un poveretto, (A Nardo)
 compatir vi vorrei; ma siete ricco,
 avete dei poteri e dei contanti;
 la fatica lasciate ai lavoranti.
 NARDO
 Cara nipote mia,
220più tosto che parlar come una sciocca,
 fareste meglio maneggiar la rocca.
 LENA
 Colla rocca, col fuso e coi famigli
 stanca son d'annoiarmi;
 voi dovreste pensare a maritarmi.
 NARDO
225Sì, volentieri. Presto
 comparisca un marito. Eccolo qui. (Accenna un villano)
 Vuoi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccola io ve la do.
 Lo volete? Vi piace? (A Lena)
 LENA
                                        Signor no.
 NARDO
230Va' a veder se passasse
 a caso per la strada
 qualche affamato con parucca e spada. (Al villano, il quale parte ridendo)
 Vedi? Ride Mingone e ti corbella.
 Povera vanarella!
235Tu sposeresti un conte o un marchese,
 perché in meno d'un mese,
 strappazzata la dote e la fanciulla,
 la nobiltà ti riducesse al nulla.
 LENA
 Ammogliatevi presto signor zio
240ma voglio poscia maritarmi anch'io.
 
    Di questa poverella
 abbiate carità.
 Io son un'orfanella
 che madre più non ha.
245Voi siete il babbo mio.
 Vedete caro zio
 ch'io cresco nell'età.
 
    La vostra nipotina
 vorrebbe poverina...
250Sapete... M'intendete...
 Movetevi a pietà. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO solo
 
 NARDO
 Sì signora, non dubiti,
 che contenta sarà.
 La si mariterà la poverina;
255ma la vuo' maritar da contadina.
 Ecco; il mondo è così. Niuno è contento
 del grado in cui si trova
 e lo stato cambiare ognun si prova.
 Vorrebbe il contadino
260diventar cittadino; il cittadino
 cerca nobilitarsi
 ed il nobile ancor vorrebbe alzarsi.
 D'un gradino alla volta
 qualchedun si contenta;
265alcuno due o tre ne fa in un salto
 ma lo sbalzo è peggior quanto è più alto.
 
    Vedo quell'albero
 che ha un pero grosso,
 pigliar nol posso,
270si sbalzi in su.
 
    Ma fatto il salto,
 salito in alto,
 vedo un perone
 grosso assai più.
 
275   Prender lo bramo,
 m'alzo sul ramo,
 vado più in su;
 ma poi precipito
 col capo in giù. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 LESBINA, poi NARDO
 
 LESBINA
280Capperi! S'attacava
 prestamente al partito.
 Troppo presto volea far da marito.
 Ecco il ricco villano;
 ora son nell'impegno;
285tutta l'arte vi vuol, tutto l'ingegno.
 NARDO
 Chi è qui?
 LESBINA
                       Non ci vedete?
 Per ora ci son io.
 NARDO
 Buondì a vossignoria.
 LESBINA
                                          Padrone mio.
 NARDO
 Don Tritemio dov'è?
 LESBINA
                                         Verrà fra poco.
290Potete in questo loco
 aspettar, se v'aggrada.
 NARDO
                                           Aspetterò.
 Voi chi siete, signora?
 LESBINA
                                           Io non lo so. (Affettando modestia)
 NARDO
 Sareste per ventura
 la figliuola di lui, venuta qui?
 LESBINA
295Potria darsi di sì.
 NARDO
 Alla ciera mi par...
 LESBINA
                                     Così sarà.
 NARDO
 Mi piacete davver.
 LESBINA
                                     Vostra bontà.
 NARDO
 Sapete chi son io?
 LESBINA
                                    No, mio signore.
 NARDO
 Non ve lo dice il core?
 LESBINA
300Il cor d'una fanciulla,
 se si tratta d'un uom, non sa dir nulla.
 NARDO
 Eh furbetta, furbetta; voi mi avete
 conosciuto a drittura.
 Delle fanciulle al cor parla natura.
 LESBINA
305Siete forse...
 NARDO
                          Via, chi?
 LESBINA
                                             Nardino bello?
 NARDO
 Sì, carina, son quello,
 quello che vostro sposo è destinato.
 LESBINA
 Con licenza, signor, m'hanno chiamato.
 NARDO
 Dove andate?
 LESBINA
                            Non so.
 NARDO
310Eh restate, carina.
 LESBINA
                                    Signor no.
 NARDO
 Vi spiace il volto mio?
 LESBINA
                                           Anzi... mi piace...
 ma...
 NARDO
             Che ma?
 LESBINA
                                Non so dir... che cosa sia.
 Con licenza, signor, voglio andar via.
 NARDO
 Fermatevi un momento.
315(Si vede dal rossor ch'è figlia buona).
 LESBINA
 (Servo me stessa e servo la padrona).
 
    Compatite, signor, s'io non so.
 Son così, no so far l'amor.
 Una cosa mi sento nel cor
320che col labro spiegar non si può.
 
    Miratemi qua.
 Sapete cos'è.
 Voltatevi in là
 lontano da me.
 
325   Voglio partire, mi sento languire.
 Ah! Col tempo spiegarmi saprò. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 NARDO, poi DON TRITEMIO
 
 NARDO
 Si vede chiaramente
 che la natura in lei parla innocente.
 Finger anche potrebbe, è ver purtroppo.
330Ma è cattivo animale
 quel che senza ragion sospetta male.
 DON TRITEMIO
 Messer Nardo da bene,
 compatite se troppo trattenuto
 m'ha un domestico impaccio;
335vi saluto di core.
 NARDO
                                 Ed io vi abbraccio.
 DON TRITEMIO
 Or verrà la figliuola.
 NARDO
                                        È già venuta.
 DON TRITEMIO
 La vedeste?
 NARDO
                         Gnorsì, l'ho già veduta.
 DON TRITEMIO
 Che vi par?
 NARDO
                         Mi par bella.
 DON TRITEMIO
                                                   È un po' ritrosa.
 NARDO
 La fanciulla va ben sia vergognosa.
 DON TRITEMIO
340Disse niente? Parlò?
 NARDO
                                        Mi disse tanto
 che sperare mi fa d'esser amato.
 DON TRITEMIO
 È vero?
 NARDO
                  È vero.
 DON TRITEMIO
                                  (Oh ciel sia ringraziato). (Da sé)
 Ma perché se n'andò?
 NARDO
                                           Perché bel bello
 amor col suo martello
345il cor le inteneriva
 e ne aveva rossore.
 DON TRITEMIO
                                     E viva, e viva.
 Lena, dove sei? Facciamo presto;
 concludiamo l'affar.
 NARDO
                                       Per me son lesto.
 DON TRITEMIO
 Chi è quella?
 NARDO
                           È mia nipote.
 
 SCENA X
 
 LENA e detti, poi LESBINA
 
 NARDO
350Che volete voi qui? (A Lena)
 LENA
                                       Con sua licenza,
 alla sposa vorrei far riverenza.
 DON TRITEMIO
 Ora la chiamerò.
 NARDO
 Concludiamo le nozze.
 DON TRITEMIO
                                           Io lo presto fo.
 LENA
 Signor zio, com'è bella?
 NARDO
355La vedrai. È una stella.
 LENA
 È galante, graziosa?
 NARDO
 È galante, è gentile ed è amorosa.
 LENA
 Vi vorrà ben?
 NARDO
                            Si vede
 da un certo non so che
360che l'ha madre sua fatta per me.
 Appena ci siam visti,
 un incognito amor di simpatia
 ha messo i nostri cuori in allegria.
 
    Son pien di giubilo.
365Ridente ho l'animo.
 Nel sen mi palpita
 brillante il cor.
 
 LENA
 
    Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
370risveglia ed agita
 novello ardor.
 
 LESBINA
 
    Sposino amabile, (Esce da una camera)
 per voi son misera;
 mi sento mordere
375dal dio d'amor.
 
 NARDO
 
    Vieni al mio seno,
 sposina amabile.
 
 LENA
 
 Signora zia,
 a voi m'inchino.
 
 A TRE
 
380Dolce destino,
 felice amor!
 
 LESBINA
 
    Parto, parto; il genitore.
 
 NARDO
 
 Perché partir?
 
 LESBINA
 
                              Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Entra nella camera di dove è venuta)
 
 LENA
 
385   Vergognosetta
 la poveretta
 se ne fugì.
 
    Se fossi in lei,
 non fugirei
390chi mi ferì.
 
 DON TRITEMIO
 
    La ricerco e non la trovo.
 Oh che smania in sen io provo!
 Dove, diavolo, sarà?
 
 NARDO, LENA
 
 Ah ah ah! (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
395   L'ho cercata su e giù,
 l'ho cercata qua e là.
 
 NARDO, LENA
 
 Ah ah ah! (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete? Come va?
 
 NARDO
 
 Fin adesso è stata qua.
 
 DON TRITEMIO
 
400Dov'è andata?
 
 LENA
 
                             È andata là. (Accenna ov’è entrata)
 
 DON TRITEMIO
 
 Quando è là, la troverò
 e con me la condurrò. (Entra in quella camera)
 
 NARDO
 
    Superar il genitore
 porrà ben il suo rossore.
 
 LENA
 
405Non è tanto vergognoso
 il suo core collo sposo.
 
 A DUE
 
 Si confonde nel suo petto
 il rispetto coll'amor.
 
 LESBINA
 
    Presto, presto, sposo bello, (Ritorna)
410via porgetemi l'anello,
 che la sposa allor sarò.
 
 LENA
 
 Questa cosa far si può.
 
 NARDO
 
 Ecco, ecco, ve lo do. (Le dà un anello)
 
 LESBINA
 
    Torna il padre, vado via.
 
 NARDO
 
415Ma perché tal ritrosia?
 
 LESBINA
 
 Il motivo non lo so.
 
 LENA
 
 Dallo sposo non fuggite.
 
 LESBINA
 
 Compatite tornerò. (Torna nella camera di prima)
 
 NARDO
 
    (Caso raro, caso bello!)
 
 LENA
 
420(Una sposa coll'anello
 ha rossor del genitor).
 
 DON TRITEMIO
 
    Non la trovo.
 
 NARDO, LENA
 
                              Ah! Ah! Ah! (Ridendo)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete?
 
 NARDO, LENA
 
                        È stata qua.
 
 LENA
 
 Collo sposo ha favellato.
 
 NARDO
 
425E l'anello già le ho dato.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla figlia?...
 
 NARDO, LENA
 
                          Signorsì.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla sposa?
 
 NARDO, LENA
 
                        Messersì.
 
 DON TRITEMIO
 
    Quel ch'è fatto fatto sia.
 
 A TRE
 
 Stiamo dunque in allegria,
430che la sposa vergognosa
 alla fin si cangierà;
 e l'amore nel suo core
 con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo